Il tema dello smart working ha acquisito una rilevanza crescente, soprattutto nelle città come Milano, dove una significativa presenza di aziende del terziario avanzato e di videoterminalisti ha reso questo argomento particolarmente sentito.
Durante l’emergenza COVID-19, la normativa ha introdotto tutele specifiche per i lavoratori fragili, consentendo loro di lavorare in modalità agile quando le mansioni lo permettevano. Tuttavia, con la fine dello stato di emergenza, il panorama normativo è cambiato radicalmente, riportando la disciplina del lavoro agile alle condizioni pre-pandemia. Esamineremo come la giurisprudenza recente ed in particolare una sentenza del Tribunale di Trieste del dicembre 2023 abbia ribadito i limiti del ruolo del medico competente e dell’interferenza con l’organizzazione aziendale in materia di smart working.
Lo smart working durante l’emergenza COVID-19
Con lo scoppio della pandemia da COVID-19, il D.L. 34/2020 ha stabilito il diritto al lavoro agile per i lavoratori dipendenti con determinate condizioni di salute, noti come lavoratori fragili. Questo diritto, inizialmente previsto fino alla cessazione dello stato di emergenza, consentiva ai lavoratori in condizioni di vulnerabilità sanitaria di continuare a svolgere le proprie mansioni da remoto, anche in assenza di un accordo individuale tra le parti.
Questa misura emergenziale si è rivelata particolarmente importante per le aziende delle provincie lombarde, in cui molti lavoratori, soprattutto nel settore terziario, potevano facilmente passare a una modalità di lavoro remoto. Il D.L. 34/2020, con l’articolo 90, ha esteso questo diritto anche ai lavoratori con figli minori di 14 anni, a condizione che la prestazione fosse compatibile con le modalità di lavoro agile.
La normativa post-pandemia: ritorno alla normalità
Con la cessazione dello stato di emergenza nel 2023, la situazione è cambiata. Le disposizioni emergenziali sono state gradualmente revocate, e il quadro normativo è tornato alle condizioni precedenti la pandemia. Oggi, lo smart working non rappresenta più un diritto garantito per i lavoratori fragili, ma una possibilità negoziata. Il Tribunale di Trieste, con la sentenza del 21 dicembre 2023, ha sottolineato come il diritto allo smart working, sebbene garantito temporaneamente dalla normativa emergenziale, non fosse mai stato assoluto, ma dipendeva dalla compatibilità tra la prestazione lavorativa e le esigenze aziendali.
Il ruolo del medico competente
Durante l’emergenza sanitaria, il ruolo del medico competente ha acquisito una dimensione più ampia, con particolare riferimento alla valutazione dell’idoneità dei lavoratori fragili a svolgere le proprie mansioni in modalità smart working. Tuttavia, è fondamentale ricordare che, anche durante la pandemia, il medico competente non ha mai avuto il potere di imporre il lavoro remoto. La sua funzione principale è sempre stata quella di esprimere un giudizio di idoneità alla mansione, eventualmente con delle prescrizioni mediche atte a tutelare la salute del lavoratore.
Come chiarito dalla sentenza del Tribunale di Trieste, il medico competente può raccomandare modalità di lavoro compatibili con lo stato di salute del lavoratore, ma la decisione finale spetta sempre al datore di lavoro. Il datore ha la responsabilità di garantire il buon funzionamento dell’impresa, e quindi ha il diritto di organizzare le modalità di lavoro in base alle proprie esigenze organizzative e produttive.
Sentenza del Tribunale di Trieste: il caso dei lavoratori fragili
Nel dicembre 2023, il Tribunale di Trieste ha affrontato il caso di una lavoratrice affetta da artrite reumatoide, che chiedeva di continuare a lavorare in modalità smart working per 5 giorni alla settimana. Il medico competente aveva prescritto per la lavoratrice lo smart working, ritenendo che le sue condizioni di salute fossero incompatibili con il lavoro in presenza. Tuttavia, il datore di lavoro aveva concesso solo due giorni di lavoro agile, motivando questa decisione con esigenze organizzative e produttive, e richiedendo la presenza in ufficio per i restanti tre giorni.
Il Tribunale ha rigettato il ricorso della lavoratrice, ribadendo che il diritto allo smart working per i lavoratori fragili non è assoluto. Sebbene la normativa emergenziale avesse temporaneamente garantito questo diritto, essa era comunque condizionata alla compatibilità tra la modalità di lavoro e le esigenze aziendali. Con la fine dello stato di emergenza, il quadro normativo ha riportato la decisione finale sull’organizzazione del lavoro nelle mani del datore di lavoro.
Implicazioni attuali per le aziende lombarde
Questa sentenza ha implicazioni importanti per le aziende di Milano e delle altre province lombarde, dove lo smart working è stato ampiamente adottato durante la pandemia, soprattutto nei settori che impiegano videoterminalisti e altre figure del terziario avanzato. La giurisprudenza attuale conferma che, sebbene il medico competente possa continuare a fornire indicazioni sulla salute dei lavoratori, è fondamentale che le aziende milanesi e lombarde si rivolgano a un medico competente specializzato nella zona di Milano e provincia per valutare correttamente ogni caso. In questo modo si evitano rischi legali e si garantisce una gestione oculata delle modalità di lavoro.
Le aziende, pur rispettando le indicazioni del medico competente, mantengono la facoltà di organizzare il lavoro dei propri dipendenti in base alle proprie necessità operative. Questo è particolarmente rilevante in un contesto come quello milanese, dove l’innovazione e l’efficienza aziendale sono fondamentali per competere in un mercato altamente dinamico e globale.
Il caso sollevato offre un’importante occasione per riflettere sull’evoluzione del quadro normativo relativo allo smart working per i lavoratori fragili. Durante l’emergenza COVID-19, il diritto al lavoro agile era garantito per proteggere la salute dei dipendenti fragili, ma oggi la situazione è cambiata. Con la fine dello stato di emergenza, le imprese riacquistano maggiore libertà nell’organizzare le modalità lavorative. Tuttavia, rimane essenziale consultare un medico competente per garantire la tutela della salute di tutti i lavoratori, assicurandosi che le condizioni lavorative rispettino sia le esigenze produttive che la sicurezza dei dipendenti.
Questa consultazione è fondamentale per affrontare al meglio il panorama post-pandemico, assicurando che l’adozione di modalità di lavoro agili rispetti le esigenze di tutti e contribuisca a creare un ambiente di lavoro equilibrato e sicuro.
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